Il mito della mente vuota

Quanto di noi è davvero scritto dal nulla? Scopriamo cosa dice la scienza.

1/1/20248 min read

Immagina un neonato: un piccolo essere umano apparentemente privo di esperienze e conoscenze, ma già ricco di potenzialità latenti. La metafora della "tabula rasa", ovvero il foglio bianco su cui la vita, come un incerto artista, inizia a tracciare le sue prime linee, affonda le sue radici nella filosofia antica. Eppure, anche oggi, nonostante le scoperte scientifiche e le rivoluzioni nel campo delle neuroscienze, questa idea sembra persistere con sorprendente resilienza. Ma quanto è accurata questa visione? I neonati sono davvero dei fogli immacolati, privi di ogni traccia preesistente? La risposta è no, e la spiegazione è molto più affascinante di quanto si possa immaginare.

Il concetto di "tabula rasa" fu popolarizzato da John Locke, filosofo del XVII secolo, che sosteneva che la mente umana fosse inizialmente priva di contenuti, e che tutta la conoscenza derivasse dall'esperienza. Locke, con il suo rigore empirista, immaginava il cervello come un hardware in attesa di essere programmato dalle esperienze sensoriali. Questa idea, suggestiva e accattivante, è rimasta radicata nella cultura popolare e nell'educazione per secoli. Tuttavia, la psicologia contemporanea e le neuroscienze hanno messo in luce la complessità del nostro sviluppo e di come la natura umana non possa essere ridotta a una mera questione di esperienza.

Studi neurobiologici recenti (Blakemore & Frith, 2005) suggeriscono che i neonati non siano affatto tabule rase, bensì che siano già portatori di un'illustrazione in fase di definizione, pronti a essere completati dalle esperienze successive. Già nel grembo materno, il cervello del feto è in piena attività, sviluppando connessioni sinaptiche in grado di riconoscere, per esempio, la voce della madre. Questa realtà è stata dimostrata da studi come quelli di DeCasper e Fifer (1980), che mostrarono come i neonati sviluppassero una preferenza per le storie che erano state loro lette durante la gravidanza (DeCasper & Fifer, 1980). La nostra lavagna, insomma, non è mai stata così immacolata.

Prendiamo ad esempio un altro esperimento condotto da DeCasper e Spence nel 1986. I risultati mostrarono come i neonati riconoscessero e preferissero una storia letta loro ripetutamente durante la gravidanza rispetto a una storia nuova. Ciò suggerisce che il nostro cervello inizi a raccogliere informazioni molto prima del momento della nascita. In un altro studio di Kisilevsky et al. (2003), si osservò come i feti nel terzo trimestre reagissero diversamente alla voce della madre rispetto a voci sconosciute (Kisilevsky et al., 2003). Mentre tu sei in ufficio a cercare di ricordare il nome di quel collega conosciuto la settimana scorsa, il tuo cervello, già molto tempo fa, faceva esercizi di riconoscimento vocale senza neanche che tu fossi consapevole del mondo esterno!

Ma non si tratta solo del riconoscimento vocale. Anche le basi delle emozioni e del comportamento sociale si sviluppano molto prima della nascita. Studi condotti da Field (1985) suggeriscono che i feti reagiscono a stimoli esterni come la musica o il tono emotivo della voce della madre (Field, 1985). Inoltre, le ricerche di Kagan (2003) hanno evidenziato come tratti temperamentali, quali la timidezza o l'estroversione, siano già presenti nei primissimi mesi di vita, suggerendo che esista una predisposizione genetica che non può essere trascurata. La visione di un neonato come una tabula rasa trascura, quindi, il peso di fattori genetici e prenatali che giocano un ruolo cruciale nella nostra esperienza umana.

Per comprendere meglio la complessa interazione tra genetica e ambiente, possiamo riflettere sulla teoria dell'attaccamento di Bowlby (1969). Secondo Bowlby, il legame emotivo che si sviluppa tra il bambino e il caregiver rappresenta un elemento fondamentale per lo sviluppo psicologico e sociale. Non solo i neonati non sono tabule rase, ma il loro sviluppo emotivo e sociale è profondamente intrecciato con le relazioni che instaurano sin dai primissimi giorni di vita. Avere un attaccamento sicuro influenza positivamente la capacità di affrontare lo stress e di sviluppare relazioni interpersonali solide nell'età adulta. Anche nella tua vita, pensa a quanto le prime esperienze relazionali con i tuoi genitori o con chi si è preso cura di te possano aver influito sul modo in cui oggi gestisci relazioni personali e professionali.

Nel capitolo 41 del libro "50 Psychology Ideas You Really Need to Know", Adrian Furnham espone chiaramente come l'idea della tabula rasa sia spesso sopravvalutata. Secondo Furnham, il contesto culturale e sociale, così come le influenze genetiche, giocano un ruolo decisivo nello sviluppo del bambino. Gli studi di Furnham dimostrano come genetica e ambiente lavorino in sinergia per plasmare le nostre capacità cognitive e predisposizioni emotive, molto prima che l'educazione formale entri in gioco. Questo aiuta a comprendere meglio come mai alcuni di noi mostrano una maggiore resilienza alle difficoltà, mentre altri sembrano più vulnerabili agli stress ambientali.

Questa comprensione è cruciale anche nel contesto professionale. Nell'ambiente lavorativo si tende a credere che le persone possano essere plasmate da zero attraverso la formazione e il coaching. Ma la realtà è che ciascuno di noi porta con sé una storia fatta di predisposizioni, esperienze e tratti di personalità che influiscono su come affrontiamo le sfide e ci relazioniamo con gli altri. Un leader che riconosce queste differenze individuali e adatta il proprio stile di leadership di conseguenza sarà più efficace nella creazione di un ambiente inclusivo e produttivo. Ciò è particolarmente importante quando si gestiscono team diversi, poiché una leadership adattiva può valorizzare i punti di forza di ogni membro del team e mitigare le aree di debolezza.

Allora, perché l'idea della tabula rasa è ancora così popolare? Probabilmente perché ci dà conforto: se siamo tutti fogli bianchi alla nascita, possiamo credere che la nostra educazione, l'ambiente e le nostre scelte possano plasmare chiunque in qualsiasi direzione. Questo pensiero ha un suo fascino, perché se qualcosa non va, possiamo incolpare la "scrittura" che è stata impressa su di noi, e non il foglio in sé. Tuttavia, la realtà è che l'interazione tra natura e cultura è infinitamente più dinamica e complessa.

L'epigenetica, per esempio, ci ha insegnato che i geni non sono dittatori inflessibili, ma piuttosto attori adattabili che rispondono all'ambiente (Jablonka & Lamb, 2005). Questo concetto è stato ben evidenziato negli studi di Meaney e colleghi (2004) sui ratti, i quali dimostrarono come la cura materna influenzi l'espressione genica della prole, determinando, tra le altre cose, la loro risposta allo stress in età adulta (Meaney et al., 2004). In altre parole, non siamo tabule rase, ma nemmeno tele già completamente dipinte. Siamo un'opera d'arte in continua evoluzione, un equilibrio dinamico tra predisposizione genetica e adattamento ambientale.

Anche le ricerche nel campo della psicologia positiva ci forniscono ulteriori spunti su quanto sia importante lavorare su noi stessi per migliorare. Martin Seligman (2002), uno dei fondatori della psicologia positiva, ha dimostrato come la nostra felicità non dipenda esclusivamente dalle circostanze esterne o dalle predisposizioni genetiche, ma anche da quanto scegliamo attivamente di coltivare le nostre risorse interiori, come la gratitudine, l'ottimismo e la resilienza. Ciò implica che, pur non essendo tabule rase, possediamo un enorme potere di influenzare il nostro benessere e il nostro successo.

Dopo millenni di speculazioni filosofiche e decenni di esperimenti scientifici, possiamo affermare che non siamo mai stati dei fogli bianchi. La mente umana è molto più simile a un manoscritto medievale: pieno di annotazioni, correzioni e margini pronti ad accogliere nuovi commenti. Quindi, la prossima volta che qualcuno ti parla di "tabula rasa", ricorda loro che avevamo già iniziato a scrivere la nostra storia molto prima di nascere. Non sarà una storia perfetta, ma è indiscutibilmente nostra.

Riconoscere che non siamo dei fogli bianchi può avere profonde implicazioni sia nella vita personale che in quella professionale. Pensa, ad esempio, a quelle situazioni in cui hai avuto l'impressione di reagire in modo impulsivo o istintivo: molto spesso, questo deriva da predisposizioni e influenze accumulate sin dalla nostra infanzia. La consapevolezza delle nostre predisposizioni e dei nostri limiti può costituire il primo passo verso il miglioramento. Un amico, ad esempio, una volta mi ha raccontato di come avesse sempre evitato i conflitti sul lavoro, finché non ha compreso che questa tendenza proveniva dal modo in cui aveva imparato a gestire le tensioni familiari da bambino. Solo allora è riuscito a sviluppare strategie per affrontare i conflitti in modo costruttivo. Sebbene non siamo completamente liberi da influenze preesistenti, possiamo comunque lavorare attivamente per utilizzare al meglio il materiale che abbiamo a disposizione, trasformando le potenzialità in realizzazioni concrete. Allo stesso modo, pensa a un professionista che riconosce di essere più introverso e decide di lavorare su abilità comunicative per migliorare il proprio impatto durante le presentazioni pubbliche. Quindi, prenditi un momento per riflettere: quali "annotazioni" hai ereditato e come puoi utilizzarle per migliorarti? Prova a scrivere una lista dei tratti e delle abitudini che ritieni di aver ereditato e rifletti su come ciascuno di essi ti ha influenzato positivamente o negativamente. Lavora su te stesso, accogli le tue potenzialità e affronta i tuoi limiti con determinazione. Puoi, ad esempio, fissarti piccoli obiettivi quotidiani per affrontare un aspetto del tuo carattere che desideri migliorare. Potresti anche trovare utile praticare esercizi di mindfulness per osservare le tue reazioni in modo più consapevole e lavorare su di esse. La tua storia è nelle tue mani, anche se alcune parole erano già scritte.

Inizia oggi stesso a esplorare le tue potenzialità: impara a conoscere meglio chi sei, quali sono le tue predisposizioni e come il tuo passato possa essere una risorsa, e non un limite. La crescita personale non è solo un obiettivo da raggiungere, ma un viaggio continuo, fatto di piccoli passi e di scoperte quotidiane. Prendi in mano la penna e scrivi consapevolmente le prossime pagine del tuo manoscritto. E se hai trovato questo articolo utile, continua a esplorare il blog: ci sono molti altri spunti e strumenti per accompagnarti in questo viaggio di scoperta personale e crescita.

Suggerimenti di lettura, film e musica

Se vuoi approfondire ulteriormente questi temi e continuare il viaggio nella comprensione di come la nostra mente e le nostre esperienze siano plasmate, ti invito a esplorare le seguenti risorse. Troverai romanzi, film e canzoni che offrono prospettive stimolanti e spesso sorprendenti, capaci di far riflettere e, magari, ispirarti per continuare la tua crescita personale.

Romanzi
  • Il mondo nuovo di Aldous Huxley - Un romanzo che esplora l'interazione tra natura, cultura e controllo sociale, stimolando una riflessione su quanto sia influenzabile la nostra personalità.

  • Fahrenheit 451 di Ray Bradbury - Un racconto che ci invita a riflettere su come l'ambiente sociale e le influenze esterne possano plasmare le nostre credenze e valori.

  • L'amico ritrovato di Fred Uhlman - Una storia che mostra quanto le esperienze di vita e i contesti culturali possano influire profondamente sulle nostre relazioni e sulla nostra identità.

Film
  • Inside Out (2015) - Un film d'animazione che spiega in modo semplice e intuitivo l'importanza delle emozioni e di come esse influenzino le nostre esperienze e il nostro comportamento.

  • The Truman Show (1998) - Un film che esplora la tematica dell'influenza ambientale e della scoperta di sé, mostrando come il contesto può definire chi siamo.

  • Gattaca (1997) - Un film che tratta l'interazione tra genetica e ambiente, sollevando domande su quanto siamo davvero determinati dai nostri geni.

Canzoni
  • Human di Rag'n'Bone Man - Una canzone che esplora il concetto di limitazioni personali e di come non possiamo sfuggire alla nostra natura umana.

  • Born This Way di Lady Gaga - Un inno all'accettazione di sé e alla valorizzazione delle proprie predisposizioni, al di là delle pressioni sociali.

  • Fix You dei Coldplay - Una canzone che parla di resilienza, sostegno e di come possiamo affrontare e superare i nostri limiti con il supporto delle persone intorno a noi.

Bibliografia

- Blakemore, S.-J., & Frith, U. (2005). The Learning Brain: Lessons for Education. Blackwell Publishing.

- Bowlby, J. (1969). Attachment and Loss: Vol. 1. Attachment. Basic Books.

- DeCasper, A. J., & Fifer, W. P. (1980). Of Human Bonding: Newborns Prefer Their Mothers' Voices. Science, 208(4448), 1174-1176.

- DeCasper, A. J., & Spence, M. J. (1986). Prenatal Maternal Speech Influences Newborns' Perception of Speech Sounds. Infant Behavior and Development, 9(2), 133-150.

- Field, T. (1985). Attachment as Psychobiological Attunement: Being on the Same Wavelength. Advances in Infancy Research, 3, 1-23.

- Furnham, A. (2009). 50 Psychology Ideas You Really Need to Know. Quercus Publishing.

- Jablonka, E., & Lamb, M. J. (2005). Evolution in Four Dimensions: Genetic, Epigenetic, Behavioral, and Symbolic Variation in the History of Life. MIT Press.

- Kagan, J. (2003). Biology, Society, and Human Behavior: Insights from the Study of Temperament. Daedalus, 132(2), 38-47.

- Kisilevsky, B. S., et al. (2003). Effects of Experience on Fetal Voice Recognition. Psychological Science, 14(3), 220-224.

- Meaney, M. J., et al. (2004). Epigenetic Mechanisms of the Stable Effects of Early Experiences on Behavior. Annual Review of Neuroscience, 27, 387-417.

- Seligman, M. E. P. (2002). Authentic Happiness: Using the New Positive Psychology to Realize Your Potential for Lasting Fulfillment. Free Press.

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